12 LUGLIO 2007
Caro Matteo,
[...]Ogni notizia di morte o grave malattia mi turba e mi mette in posizione di distacco dalle faccende più quotidiane, che pur ci fanno sentire vivi e in qualche modo utili agli altri.
È da questa posizione che voglio riflettere anche su quanto mi scrivi a proposito de LE TENTAZIONI DI MARSIA.
Non mi meraviglia – l’hai intuito in partenza – il tuo accordo con le tesi di Salari e Fresa.
È una posizione, questa, “nobile”, spalleggiata da una secolare tradizione, consolidatasi in opere di valore indiscusso e oggi – mi pare - in piena sintonia con lo “spirito dei tempi” che ha riproposto religioni e fondamentalismi in primo piano.
Io – purtroppo? per fortuna? per scelte culturali? per lezioni tratte dall’esperienza, come ti raccontavo – sento estranea questa via «sacerdotale» dell'ascesi poetica.
Ho cercato di farlo con Fresa e Salari. E, malgrado il mio dissenso e risposte non sempre entusiasmanti da parte loro, sono stato l’unico – credo - che gli ha messo a disposizione il sito per far conoscere il libretto.
Nel merito di quanto ora mi scrivi ho da farti a mia volta queste obiezioni.
Gio Ferri [...] non vede problemi; e dovunque volge il suo sguardo, assolve (sacerdotalmente!) i poeti (ovviamente “veri”, perché con tracotanza egli è sicuro di stabilire la differenza tra poeti e scribacchini) e gli toglie qualsiasi inquietudine: «Ma se è poesia, la poesia non ha di questi problemi. Ciò vale per la verità: la poesia non cerca la verità, è la verità.».
Per me la frase è un’affermazione di fede, sottoposta a quel «se» che ha tutta l’ambiguità dei responsi oracolari. Prendere o lasciare. E mi fermo qua.
Anche tu, mi pare, sembri crocianamente convinto che tuttora si possa tirare un confine netto tra poesia e non-poesia. Da parte mia, se non ci fermiamo agli esempi più banali o su cui è facile concordare, credo che ci siano zone della ricerca poetica dove non è così agevole tirare una linea con la riga. Ma invece di affannarmi adesso a trovare qualche buon esempio, spero che ci siano occasioni favorevoli per parlarne in concreto.
Sulle obiezioni che muovi alla mia posizione, solo appunti: la poesia contribuisce indirettamente (certo) a dar senso alla vita di tutti, solo se ne assorbe la presenza, ne contempla i bisogni ( e la cosa non è facile); una poesia non arriverà mai a tutti, se questi tutti non godranno la condizione di libertà essenziale per far nascere e godere della poesia; i poeti che passano alla politica o i politici che passano alla poesia non garantiscono nessun miglioramento sicuro, perché il vero miglioramento verrebbe dalla rottura di queste rigide separazioni; la gente non è pronta a introiettare il messaggio poetico e i poeti troppo spesso non sono pronti ad introiettare i messaggi della gente (per me vale il principio di reciprocità…).
Riprenderemo il discorso. Tengo per me queste tue considerazioni, ma penso che Fresa e Salari sarebbero contenti di una tua lettera. Ho, come hai visto, indicato anche i loro recapiti e-mail.
Un caro saluto
Ennio
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