Luca Lenzini (Firenze, 1954) ha dedicato studi e commenti all’opera di
Vittorio Sereni, Franco Fortini, Guido Gozzano, Giovanni Giudici,
Attilio Bertolucci, Alessandro Parronchi ed altri autori novecenteschi.
Dirige la Biblioteca della Facoltà di Lettere e filosofia
dell’Università di Siena ed è membro del Centro studi Franco Fortini. Il poeta di nome Fortini è stato pubblicato nel 1999 da Piero Manni. Di recente (2008) ha pubblicato per la Quodlibet Stile tardo. Poeti del Novecento italiano.
Cologno Monzese 23/30 marzo 2000
Caro Luca,
a scanso di equivoci sul tenore di questa mia
su Il poeta di nome Fortini, ti dichiaro
in partenza la mia ammirazione non convenzionale per il tuo lavoro. Sai
bene che l’argomento del tuo studio - Fortini e la sua opera - mi suscita un
coinvolgimento tormentoso, che ora si proietta anche sul tuo libro. Perciò
metto le mani avanti: i miei giudizi risulteranno “tendenziosi”, a volte
rischierò d’infastidirti, altre di esporre tutta la mia ombrosa inquietudine.
Spero però nella possibilità di approfondire comunque il dialogo fra noi. E ti
chiedo di rispondermi, quando puoi, con la stessa sincerità, senza esitare a
correggermi, se ti sembrerà necessario.
Ecco per
punti le mie osservazioni analitiche sui vari capitoli del libro.
1. Il momento di Fortini.
Secondo me, il momento di Fortini, auspicato da Luperini in
quell’intervento del 1985 (5) non è mai cominciato. Il consenso per Composita
solvantur (217) mi è parso passeggero, legato alle circostanze della sua
morte; e al di fuori della cerchia ristretta degli amici-critici di Fortini non
è emersa nessuna maggiore attenzione alla sua figura di poeta. Né intravedo il
tempo in cui sarà possibile usare - a livello pubblico, politico e non
cenacolare e minoritario - quei suoi giacimenti di futuro. Te lo dico con schiettezza e preoccupazione.